di Nadia Valsecchi
Recentemente, l’Istituto Superiore di Sanità ha reso pubblici i dati su HIV in riferimento al 2022: emerge come, in Italia, ci siano state 1888 nuove diagnosi, con il 43% verificatesi tra persone eterosessuali e il 40.9% tra maschi che fanno sesso con maschi. Alcuni dati significativi sono che circa il 40% delle diagnosi deriva da test realizzati per sospetta patologia HIV correlata e che il 58.1% delle nuove diagnosi sono tardive, prevalentemente tra maschi eterosessuali over 60 (ISS, 2023).
I progressi scientifici relativi ai trattamenti disponibili per le persone sieropositive sono stati e continuano ad essere sempre più numerosi, l’accesso a trattamenti pre e post esposizione al rischio di infezione (come nel caso di PrEP e PEP, ovvero medicinali che permettono di prevenire l’infezione o di ridurne il rischio rispettivamente) inizia ad essere facilitato in numerose regioni italiane e recentemente la campagna ideata da DiversityLab ha finalmente permesso di diffondere un messaggio così importante come quello di U=U alla popolazione generale in modo semplice e chiaro.
In particolare, il principio U=U dovrebbe facilitare l’eradicazione dello stigma HIV-correlato, ovvero quell’insieme di credenze, emozioni e atteggiamenti negativi verso persone sieropositive, coloro che vivono con persone sieropositive e altre popolazioni chiave che possono essere più a rischio. Numerosi studi hanno individuato come stigma e discriminazione costituiscano una barriera significativamente ostacolante al testing e all’accesso di altri servizi sanitari, oltre a ridurre l’efficacia della prevenzione e l’aderenza ai trattamenti per HIV (Alvarez-del Arco et al., 2013; Ross et al., 2018; Vitale & Ryde, 2018).
Nonostante tutte le conoscenze costruite negli ultimi anni tale stigma è ancora molto presente dal momento della diagnosi in poi a livello sociale, comunitario ma anche sanitario –ad esempio, sotto forma di negligenza, riservando un trattamento differente ai pazienti HIV positivi, rifiutandosi di trattarli, usando protezioni in maniera ingiustificata o ancora condividendo il loro status sierologico senza il loro consenso.
Uno dei momenti più difficili e stressanti per le persone sieropositive può infatti essere quello della disclosure, che consiste nella condivisione del proprio stato di sieropositività con altri. La possibilità di condividere il proprio status sierologico con altri è positiva poiché nascondere questa informazione diventa un peso psicologico importante (Pachankis, 2007), che comprende un occultamento attivo, alti livelli di ansia e di paura al rifiuto, all’isolamento e all’ostracismo sociale (Ziersch et al., 2021).
È stato anche individuato come reazioni negative a questa esternazione vengano maggiormente da partner sessuali e sul luogo di lavoro e che tale rifiuto si riceva maggiormente quando ci sono alti livelli di stigma HIV-correlato e di distress psicologico e bassi livelli di supporto sociale e qualità di salute percepiti (Cama et al., 2020).
Per questo, è necessario creare una società sempre più preparata, informata ed educata all’affettività, alla sessualità e al rispetto reciproco. Per il benessere fisico, psichico e sociale delle persone sieropositive, che coincide con il benessere di tutti. Perché tutti siamo sierocoinvolti.