Il Disturbo dell’eccitazione genitale persistente (Persistent Genital Arousal Disorder – PGAD) è una disfunzione sessuale femminile di recente individuazione. La sua prima trattazione risale al 2001 ad opera di Leiblum e Nathan; da allora sono stati condotti molti studi con l’obiettivo di definire le caratteristiche del quadro clinico, di identificare un’esatta eziologia e di proporre un efficace trattamento.
Chiamata inizialmente “Sindrome da eccitazione sessuale persistente” (Persistent Sexual Arousal Syndrome – PSAS), è stata rinominata PGAD nel 2006, dato il coinvolgimento esclusivo dell’eccitazione genitale e non mentale. Il PGAD, infatti, può essere così definito: “Eccitazione sessuale genitale (congestione, pulsazione, lubrificazione) spontanea, intrusiva e non desiderata, in assenza di desiderio e di interesse sessuale. La consapevolezza dell’eccitazione è tipicamente, ma non invariabilmente, spiacevole. L’eccitazione non è ridotta da uno o più orgasmi. La sensazione di eccitazione può persistere per ore, giorni o più”.
Appare evidente che il PGAD si propone in modo quasi opposto alle altre disfunzioni sessuali femminili che solitamente sono caratterizzate da una riduzione, una mancanza, un deficit o un’inadeguatezza, reali o temute, in quanto è caratterizzato da un “eccesso” di funzione sessuale. Per questo motivo viene spesso confuso erroneamente con l’ipersessualità, pur essendoci delle importanti differenze tra queste due condizioni. La presenza di un’eccitazione genitale svincolata dal desiderio e dall’eccitazione mentale e soprattutto la perdita del feedback, che porta la completa risoluzione dell’eccitazione dopo l’orgasmo, sono i due fattori differenziali più forti e caratterizzanti tra PGAD e ipersessualità.
Il PGAD è considerato un disturbo raro; tuttavia, sembra che il vero dato epidemiologico sia sottostimato. A causa del forte imbarazzo, legato al dover parlare di sessualità in generale e della condizione in particolare, molte donne possono preferire non rivolgersi a degli specialisti; altre volte può accadere che sia la poca conoscenza della patologia da parte degli stessi specialisti a impedire la diagnosi di PGAD.
L’eziologia del PGAD non è stata ancora determinata, tuttavia sembra siano coinvolti problemi vascolari, ormonali, neurologici, iatrogeni (derivati dall’uso di farmaci) e psicologici. Negli ultimi si è ipotizzato che nell’eziopatogenesi del disturbo fosse implicata maggiormente una componente organica. Recentemente, infatti, è stata rilevata una frequente associazione del PGAD con la RLS (sindrome delle gambe senza riposo) e la OBS (sindrome della vescica iperattiva), che ha fatto ipotizzare la presenza di un’eziologia comune.
Data inoltre la somiglianza dei sintomi, ossia l’urgenza di urinare nella OBS, l’urgenza di muovere le gambe nella RLS e l’urgenza di muovere e sfregare il clitoride nel PGAD, si è proposto di modificare il nome in ReGS (sindrome dei genitali senza riposo). Tale proposta nasce dall’esigenza di distanziarsi dall’iniziale descrizione della condizione come disfunzione sessuale, in quanto questi filoni di ricerca la considerano di natura non sessuale. In particolare l’ipotesi più accreditata è che ci sia una neuropatia del nervo pudendo o del nervo dorsale in grado di generare i sintomi genitali. Seguendo le varie ipotesi eziologiche, sono state proposte diverse terapie che consentono di ottenere buoni risultati: il trattamento farmacologico (benzodiazepine, Vereniclina), la terapia elettroconvulsiva (ECT) e la stimolazione nervosa transcutanea (TENS).
L’approfondimento dell’aspetto organico ha minimizzato gli aspetti psicologici che spesso si accompagnano a questa condizione. Avere un’eccitazione genitale persistente non è la condizione sufficiente per fare del PGAD una patologia. Non tutte le donne con un’eccitazione genitale persistente percepiscono questo fenomeno come disturbo, bensì come una normale caratteristica della propria vita sessuale. Per poter parlare di patologia, infatti, è necessario che sia presente un vissuto di sofferenza. Se a parità di sintomi le donne esperiscono diversi livelli di distress, significa che esistono dei fattori psicologici che influenzano il vissuto relativo a questa patologia ed è perciò necessario prenderli in considerazione.
A questo proposito, recentemente è riemerso l’interesse per la componente psicologica del PGAD e sono stare condotte varie ricerche a riguardo. È emerso che gli standard morali e le credenze sulla sessualità possono ricoprire un ruolo importante nella valutazione cognitiva dell’eccitazione genitale e questo può influenzare il maggiore o minore distress esperito dalle donne. Inoltre la valutazione negativa dell’eccitazione genitale può essere responsabile anche della persistenza ed esacerbazione degli stessi sintomi, fungendo da fattore di mantenimento della sintomatologia. È stato postulato, infatti, un modello psicologico del PGAD che presume l’esistenza di un circolo vizioso che comincia con le sensazioni indesiderate di eccitazione genitale, vissute come inaccettabili o inappropriate, che producono forte ansia e fanno porre maggiore attenzione ai segnali genitali; tutto questo fa aumentare l’attività del sistema nervoso simpatico che produce un incremento dei sintomi stessi. Perciò, pensieri ed emozioni negative legati alla sessualità possono comportare nelle donne con il PGAD un incremento del distress e di conseguenza degli stessi sintomi attraverso l’attivazione del circolo vizioso. Le donne che non provano distress per la loro eccitazione genitale persistente potrebbero essere più capaci di riconoscere le loro sensazioni come sessuali e riuscire ad interromperle volontariamente, focalizzando la propria attenzione altrove e non andando incontro al circolo vizioso.
Un trattamento psicologico, affiancato ad un trattamento medico, può essere molto utile nel management del PGAD. La letteratura sul disturbo mette in risalto l’efficacia dell’approccio cognitivo-comportamentale e della Mindfulness. L’obiettivo è di modificare le convinzioni
disfunzionali, che in queste donne causano distress ed esacerbazione dei sintomi, e di insegnare tecniche che permettano di distogliere l’attenzione dalle sensazioni genitali in modo tale da non andare incontro al circolo vizioso.
Bisogna ricordare, inoltre, che un trattamento psicologico è utileindipendentemente dall’eziopatogenesi del disturbo, in quanto il PGAD può generare delle profonde ripercussioni psicologiche. Per la persistenza dei sintomi, che le costringe a ripetute masturbazioni, e per il forte imbarazzo e senso di colpa che le donne provano, c’è il rischio di un isolamento sociale. Le ripercussioni si verificano anche nella vita professionale, tanto che spesso le donne sono costrette a lasciare il loro lavoro. Anche la vita di coppia può risentirne in quanto il sesso non è più un momento di intimità e di piacere tra i partner, ma un semplice metodo per far alleviare i sintomi; il partner inoltre può avvertire la propria inadeguatezza nella performance sessuale. Una consulenza o una psicoterapia in questo caso possono essere d’aiuto alla donna (e alla coppia), fornendo un supporto emotivo e nello stesso tempo facilitando l’attivazione delle risorse che consentano di affrontare la situazione nel modo migliore.