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Omofobia in Europa e in Italia: a che punto siamo?

Omofobia in Europa e in Italia: a che punto siamo?

Quando ci si accosta al tema dell’omofobia, sebbene questa sia universalmente condannata, è facile essere disorientati da una certa varietà di punti di vista e definizioni del fenomeno. Se da un lato, molte organizzazioni per i diritti civili gridano all’emergenza, altre associazioni ritengono che l’omofobia sia un problema marginale, ignorabile e sopravvalutato. Ad esempio, “l’unione dei Cristiani cattolici razionali” rassicura dicendo che, come dichiarato da un ex calciatore della serie A italiana, l’omofobia in Italia non esiste e non c’è motivo di allarmismi. Questa affermazione però fa riflettere, visto che in dissenso con tutti i dati scientifici sulla prevalenza dell’orientamento sessuale omosessuale, proprio nel calcio c’è una percentuale di persone che hanno fatto coming out pari allo 0%.
Sul versante laico, inoltre, “Il secolo d’Italia”, ritiene addirittura che l’Europa stia scivolando nell’”omofollia” perché impegnata a garantire che a Belgrado non venga vietato il gay pride ironizzando sul fatto che “Ora anche il Gay Pride è diventato un indicatore di democrazia”. Come orientarsi? Quando si può parlare di omofobia come fenomeno che aggredisce i diritti umani degli individui che la subiscono?
imageLa risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia in Europa, approvata a Strasburgo il 18 gennaio 2006, definisce l’omofobia come “la paura e l’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (LGBT), basata sul pregiudizio” e la considera analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo.
Tuttavia, analizzando le notizie che arrivano dai diversi mezzi d’informazione, ci si rende conto di quanto il fenomeno, seppur così ben descritto da un punto di vista normativo, non sia universalmente riconosciuto da tutta la società civile, né affrontato concretamente.
Cosa significa dire “ io non ho nulla contro gli omosessuali, ma mi fa schifo se si baciano in pubblico”?. Molte persone ancora ritengono che questo non sia discriminatorio e che siano gli omosessuali “ad esagerare con certi atteggiamenti”. Il 74% dei ragazzi omosessuali tra 13 e 26 anni racconta di aver subito almeno un episodio di bullismo omofobico o di discriminazione. E di questi il 36% è avvenuto a scuola. I dati sono emersi da un’indagine su mille ragazzi e ragazze intervistati in tutta Italia e resa nota dal portavoce dell’associazione ‘Gay Center’ Fabrizio Marrazzo, nel corso della presentazione di un progetto presso il liceo Socrate di Roma. Cosa si fa nelle scuole in questo senso? Se da una parte l’assenza di programmi di educazione sessuale è giustificata dalla mancanza di fondi della scuola pubblica, dall’altra è interessante notare come recentemente siano stati ritirati, con una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione, tre opuscoli dal titolo “Educare alla diversità”, realizzati dall’Istituto scientifico Beck per conto dell’Unar, l’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali nato sotto la direzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e destinati alle scuole primarie e secondarie. La ragione di tale dietro front non è ancora ben chiara, ma molto chiare sono le posizioni di diverse figure importanti nel panorama italiano che li avevano definiti un attacco ai valori della famiglia.
Come può una società civile, stabilire su basi scientifiche che l’omosessualità è “una variante naturale della sessualità umana” (Organizzazione Mondiale della Sanità) e
contemporaneamente non affrontare con decisione l’ignoranza che la associa ancora ad una condizione di patologia o devianza? Purtroppo questo accade ancora e sebbene le aggressioni fisiche e le discriminazioni plateali siano universalmente condannate, lo scherno, l’isolamento, il disinteresse verso le condizioni di partecipazione sociale delle persone omosessuali, rappresentano ancora una triste realtà anche nelle società cosiddette moderne.
Fortunatamente, molte persone e associazioni, hanno lottato e lottano perché mettere fine all’omofobia significhi l’equiparazione dell’orientamento omosessuale a quello eterosessuale sotto ogni punto di vista. Proprio in tal senso, il 17 maggio si terrà giornata internazionale contro l’omofobia, promossa dall’Unione europea, che si celebra ormai regolarmente dal 2007.
Ma qual è la situazione in Europa e n Italia? andando ad eseguire ”un’istantanea”, ai primi posti fra gli stati che maggiormente equiparano in termini di diritti civili i cittadini di diversi orientamenti sessuali, appaiono Regno Unito, Belgio e Norvegia, mentre l’Italia si posiziona molto più in basso tra Bosnia e Bulgaria, poco al di sopra della Turchia. A sostenerlo è Europe Annual Review 2013, l’ultimo studio dell’associazione “Ilga Europe”, che su 49 Paesi presi in analisi riserva all’Italia il 36esimo posto. La classifica misura la tolleranza dei Paesi combinando variabili che rientrano in sei categorie: eguaglianza, famiglia, leggi contro i reati a sfondo omofobico, libertà di espressione e associazione, diritto di asilo. Per spiegare il punteggio del nostro Paese, l’associazione riporta numerosi episodi e rilevamenti. Tra questi anche lo studio della Fondazione Rodolfo De Benedetti, che indaga la discriminazione in ambito lavorativo e dimostra, ad esempio, come un gay dichiarato abbia il 30% in meno delle possibilità di essere assunto rispetto a chi, a parità di curriculum, nasconde la sua omosessualità.
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Ciò che invece può suscitare un certo ottimismo è il dato che emerge dalla “pew research 2013” secondo cui in l’Italia dal
2007 al 2012, si è verificato un significativo miglioramento negli atteggiamenti della popolazione generale, con un incremento pari al 9% (il più alto in Europa) della popolazione che dichiara che “l’omosessualità dovrebbe essere accettata dalla società”. Tuttavia, secondo questa ricerca, nonostante il forte
cambiamento, la posizione del nostro paese è ancora piuttosto arretrata, dietro Spagna (88%) Germania (87%) Repubblica Ceca (80%) Francia (77%), Regno Unito (76%) e seguita solo da; Polonia (42%) Russia (16%) ed infine la Turchia, con una percentuale del 9% di persone che ritengono che l’omosessualità dovrebbe essere accettata dalla società. Andando poi ad analizzare meglio i dati italiani, possiamo osservare come questi cambino molto a seconda delle fasce d’età e della posizione geografica. Infatti, se nella fascia d’età 18-29 anni siamo al terzo posto con un percentuale dell’86%, le cose vanno decisamente peggio fra gli italiani oltre i 50 anni (6° con il 67%), e nel sud del paese, in cui le persone intolleranti verso l’omosessualità si attestano al 50,8%. Questi dati sulla situazione attuale e sulla capacità di cambiamento della nostra società, se da una parte ci invitano ad una maggiore consapevolezza della gravità del fenomeno dell’omofobia in Italia, dall’altra ci incoraggiano ad un sempre maggiore impegno nel futuro, consapevoli del fatto che la strada da fare è ancora molta. Di certo, credo sia opportuno sottolineare che eventi come
la giornata internazionale contro l’omofobia del 17 maggio, potranno portare un effetto positivo alla crescita della nostra società.