“I ragazzi stanno bene”, dopo aver trionfato sia al Sundance Film Festival che ai Golden Globes, nonché al Festival di Berlino, passando per gli Oscar con ben 4 nominations, è stato definito dalla critica come un film di “seconda generazione” per ciò che concerne le tematiche gay, poiché esso non tratta nello specifico le classiche problematiche legate all’omosessualità, come la difficile accettazione sociale e intrapsichica dell’orientamento sessuale “non-eterosessuale”; viceversa, pone il focus sulle vicende di una famiglia, coi suoi punti di forza e le sue fragilità, in una particolare fase di sviluppo: i primi segnali di svincolo dei figli adolescenti, dal nucleo famigliare. Allo spettatore salta subito all’occhio che questa famiglia ha entrambi i genitori appartenenti al sesso femminile, uno scenario al quale noi italiani siamo abituati sicuramente molto meno rispetto agli abitanti di Los Angeles (città in cui si svolge la storia). L’attenzione è però calamitata dall’evidenza che le dinamiche trattate sono le stesse che caratterizzano qualsiasi coppia o nucleo famigliare e questo spinge lo spettatore a percepire un presupposto di normalità in una situazione di estraneità. Interessante risulta essere il paragone tra il sottotitolo della locandina originale e quella nostrana: il primo è “Nic e Jules avevano la famiglia perfetta, fino a quando incontrarono l’uomo che ha reso tutto questo possibile”, il secondo è invece “Pensavano di essere una famiglia normale…”. Questa scelta italiana, che contraddice il significato del film, potrebbe essere sintomatica appunto di quanto ancora la nostra cultura non sia abituata a questo tipo di famiglia.
Lisa Chodolenko (la regista) si avvale di un cast notevole: Julianne Moore nei panni di Jules, la partner più insicura e meno strutturata delle due, che non sa ancora bene cosa fare della propria vita professionale; dall’altra parte, invece, a donarle la sicurezza di cui necessita, c’è Annette Bening nei panni di Nic, una ginecologa di successo. La coppia ha due figli, avuti tramite inseminazione artificiale utilizzando lo stesso seme: una è Joni (Mia Wasikowka), che ha appena compiuto diciotto anni e si prepara per il college; l’altro è il quindicenne Laser (Josh Hutcherson) che ha intenzione di scoprire chi sia il padre biologico.
L’ingresso nelle loro vite del donatore del seme, l’affascinante scapolo quarantenne Paul (Mark Ruffalo), scombussolerà brevemente le dinamiche di tutti e quattro i componenti della famiglia. Da sottolineare, è la scelta del personaggio di Nic di continuare a definire l’uomo solo come “donatore di sperma”, non riconoscendogli un ruolo paterno che in effetti non ha mai avuto e non avrà neanche alla conclusione del film. Quest’uomo entra nella vita della famiglia alterandone gli equilibri, ma ad un occhio clinico non sfugge il fatto che egli è utilizzato inconsapevolmente come la miccia che fa esplodere tensioni sommerse preesistenti: il non detto di una coppia che ha solamente bisogno di rilanciare la comunicazione e la considerazione reciproca, riconoscendo -in ultimo- una grande e sofferta verità, è cioè che tanto più si ama qualcuno, più gli si è vicini, tanto più c’è il rischio di ferirlo.
Le ricerche scientifiche hanno provato ed ogni volta confermato che le famiglie omogenitoriali, composte cioè da due genitori dello stesso sesso, siano essi due uomini o due donne, sono in tutto e per tutto simili alle famiglie che hanno un padre ed una madre.
I figli crescono sani, felici, non sviluppano patologie mentali e non hanno particolari problemi sociali, non hanno maggior probabilità di diventare a loro volta omosessuali e non hanno assolutamente maggiori rischi di subire violenze o abusi. Allo stesso modo, non sono state riscontrate differenze significative tra gli individui nati e cresciuti nelle famiglie con due padri e quelle con due madri.
Alcune ricerche hanno dimostrato addirittura che le coppie gay e lesbiche sono molto attente nel fornire ai figli il maggior sostegno possibile per garantire loro una crescita sana ed un’adeguata capacità nella gestione dei conflitti, nei confronti dei quali, i figli delle coppie lesbiche pare siano molto abili.
Le ricerche a cui facciamo riferimento sono state svolte nei paesi in cui i matrimoni gay, le adozioni per le coppie omosessuali ed una maggiore semplicità per le tecniche di fecondazione assistita, sono fattibili. In Italia esiste un sommerso non indifferente, si stimano circa 100.000 famiglie omogenitoriali, alle quali però non sono riconosciuti diritti e tutele. Sono spesso famiglie ricostituite dove i figli provengono da precedenti matrimoni eterosessuali, perché in culture omofobe come la nostra non è infrequente che, nel dubbio dell’omosessualità, si opti in prima battuta per un matrimonio eterosessuale e si accetti solo in seguito la propria realtà.
Un pregiudizio diffuso è che gli omosessuali, soprattutto maschi, siano promiscui e refrattari agli impegni seri, laddove invece esiste sempre di più la voglia e l’esigenza di creare rapporti duraturi che sfocino in convivenza, riconoscimento dei diritti civili, matrimonio e figli. Per una coppia gay italiana è impossibile procreare, se non spostandosi in Paesi stranieri (con costi elevatissimi e non sostenibili da chiunque), ricorrendo lì ad inseminazione artificiale attraverso donazione di liquido seminale, per le donne, ed utero in affitto con donazione degli ovuli, per gli uomini. Ma cosa succede in questi casi? Non essendo possibile ottenere un riconoscimento come coppia sposata, non essendo possibile riconoscere il figlio come di entrambi, nel caso di una coppia lesbica la madre è solo colei che ha portato a termine la gravidanza, per la legge italiana, e nel caso della coppia gay il padre è solo colui il quale ha fecondato col proprio seme l’ovulo preso da una donatrice. Ne consegue che, in caso di separazione della coppia, esiste in Italia un vuoto legislativo per ciò che concerne i diritti del genitore non-genetico e del figlio che con lui/lei è cresciuto.
Possiamo affermare quindi che per quanto riguarda la nostra nazione, a causa della mancanza di tutele legali che ne sanciscano una stabilità famigliare: i ragazzi stanno bene, ma potrebbero stare anche meglio!
Per ulteriori informazioni vi rimandiamo al sito di Famiglie Arcobaleno, l’Associazione Italiana di Genitori Omosessuali: http://www.famigliearcobaleno.org/Documenti.asp
Concludiamo dicendo che “Pensavano di essere una famiglia normale…” perché erano e sono una famiglia perfettamente normale, di fronte alla quale -col tempo- anche chi dovesse partire da preconcetti relativi all’omosessualità, in particolare all’omogenitorialità, e dovesse sentirsi a disagio con certi temi, ben presto noterà che i rapporti di coppia e quelli tra genitori e figli hanno sempre la stessa impronta.
Famiglie Arcobaleno, un padre racconta:
http://www.youtube.com/watch?v=tTnZIL2nO-8&feature=related
I bambini delle Famiglie Arcobaleno:
http://www.youtube.com/watch?v=nStHWmQClww
Famiglie Arcobaleno e genitori omosessuali, “Basta nasconderci”:
http://www.youtube.com/watch?v=ApgC8GhVrrA&feature=related
Figli dei Gay:
http://www.youtube.com/watch?v=849riHh4tEY&feature=related
G.A.Y. Good As You, LE FAMIGLIE ARCOBALENO:
http://www.youtube.com/watch?v=-aGYCEWcvfQ&feature=related