IL VACCINO CONTRO HIV: CINQUE DOMANDE ALL’ESPERTO.
di Elisabetta Todaro
E’ di qualche mese fa la notizia della pubblicazione su Frontiers in Immunology dei dati del follow up a 8 anni di un vaccino contro l’HIV, che lascerebbe sperare per la sperimentazione di nuove forme di trattamento disponibili. Lo studio è stato portato avanti da una squadra di eccellenze tutte italiane, tra le quali: l’Ospedale San Raffaele e l’Ospedale L. Sacco di Milano, l’Ospedale San Gerardo di Monza, l’Ospedale Universitario di Ferrara, il Policlinico di Modena, l’Ospedale S.M. Annunziata di Firenze, l’Istituto San Gallicano – Istituti Fisioterapici Ospedalieri- di Roma ed il Policlinico Universitario di Bari.
Ne parliamo con il Prof. Massimo Giuliani, Psicologo clinico e Senior Researcher della Unità MST-HIV della UOSD di Dermatologia, MST, Ambientale Tropicale e Immigrazioni dell’Istituto Dermatologico San Gallicano (IRCCS) – IFO di Roma.
Professor Giuliani, in cosa consiste questo vaccino e pensa che sia possibile definirlo una “cura” contro l’HIV?
Visto che la sperimentazione non è ancora terminata è più appropriato parlare ancora di un candidato vaccinale. La sperimentazione è ancora aperta e i risultati, anche se promettenti, non sono ancora così definitivi. Questa sperimentazione è stata ideata e fortemente sostenuta dall’Istituto Superiore di Sanità e in particolare da uno dei suoi ricercatori dirigenti, la Dott.ssa Barbara Ensoli. L’idea di base della sperimentazione è: creare una risposta immunologica contro la proteina TAT per bloccare o limitare la potenza del virus sull’organismo. Questo candidato vaccinale è stato sperimentato su pazienti HIV già in terapia antiretrovirale efficace tra i quali ha ottenuto una riduzione dei serbatoi di virus latente, ancor’ oggi inattaccabili dalla terapia. La buona notizia è che, dopo 8 anni dalla vaccinazione, in questi pazienti si è osservata una riduzione cospicua di DNA pro-virale circolante e un generale miglioramento di alcuni parametri immunitari. La sfida oggi è verificare l’effetto di questa vaccinazione terapeutica in pazienti che interrompono la terapia sotto stretto controllo medico.
Quali caratteristiche dovranno avere le persone affette da HIV per ricevere il vaccino, una volta che sarà distribuito?
Il proseguo della sperimentazione ci dirà se questa immunoterapia funzionale sarà in grado di fare la differenza tra soggetti vaccinati e non vaccinati. Per il passaggio dalla sperimentazione alla distribuzione qualche anno ancora dovrà sicuramente passare.
Già oggi, con i nuovi farmaci, le prospettive di vita dei pazienti HIV sono pressoché paragonabili a quelle della popolazione senza l’infezione. Quindi i vantaggi non si avranno in realtà in termini di prospettive di vita, ma di un più efficace controllo dell’infezione latente o forse nella possibilità di eradicare una volta per tutte l’infezione dall’organismo. In più un vaccino terapeutico potrà eliminare nei pazienti la necessità di assumere cronicamente una terapia per tutta la vita.
Quali sono ad oggi le possibilità di trattamento per un sieropositivo?
Oggi le possibilità di trattare le infezioni da HIV sono tra le migliori disponibili dalla medicina moderna. Disponiamo di farmaci ad altissima efficacia con elevato profilo di tollerabilità e sempre più facili da assumere. Stiamo inoltre andando verso farmaci a lento rilascio, che si assumeranno settimanalmente o mensilmente, anche per via diversa da quella orale come la sottocutanea o l’intradermica.
Altro aspetto importante è quello del trattamento della coppia siero-discordante, ovvero quella in cui uno solo dei partner è sieropositivo. Attualmente l’intervento è basato sulla sola terapia per il paziente con l’infezione. Se questa terapia è pienamente efficace sulla malattia, conferisce anche un elevato livello di prevenzione della trasmissione al partner negativo qualora i rapporti non fossero protetti. La terapia antiretrovirale di combinazione consente oggi alla coppia discordante anche di procreare in sicurezza, evitando il contagio della donna sieronegativa una volta gravida o la trasmissione verticale dell’infezione da donna già con l’infezione.
Cosa si intende per PEP e PrEP? Quali accorgimenti occorre seguire affinchè siano efficaci? Come e dove possono essere reperite e assunte?
PEP e PreP indicano rispettivamente la profilassi Post-Esposizione e la profilassi Pre-Esposizione dell’infezione da HIV. Vengono effettuate mediante l’assunzione di farmaci che nella persona sieronegativa riducono il rischio di contagio a fronte di una esposizione al virus.
La PEP deve essere assunta entro 48 ore da una situazione ad alto rischio di contagio e proseguita per un mese. È anche nota per essere la terapia profilattica utilizzata dagli operatori sanitari dopo una esposizione accidentale a liquidi biologici di un paziente HIV, anche se oggi viene sempre più spesso utilizzata come “pillola del giorno dopo” per prevenire la trasmissione sessuale dopo una esposizione.
Diversamente la Prep viene utilizzata da persone ad alto rischio HIV per prevenire il contagio senza utilizzare il preservativo. In questo caso viene assunta tutti i giorni nel caso di rischi ripetuti o nei giorni precedenti e successivi in comportamenti a rischio sporadici o isolati.
La Prep sta oggi portando alla diffusione delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST), soprattutto della sifilide, a causa del non uso del preservativo e di un sostanziale abbassamento della percezione del rischio da parte di chi l’assume.
Inoltre, la Prep non è facile da assumere e per essere efficace deve coprire bene tempi e modi del rischio di chi l’assume; chi prende la PreP deve essere controllato in un centro specialistico per monitorare eventuali effetti collaterali e il rischio IST, soprattutto se assunta per lunghi periodi.
La PEP viene data dopo accertamenti di rischio in un centro specialistico ospedaliero, mentre la PreP viene acquistata dall’utilizzatore in farmacia, dietro prescrizione medica e a un costo variabile tra i 60/65 euro.
Facciamo un passo indietro e diamo un rapido sguardo al percorso che è stato fatto nel trattamento dell’HIV. Quali pensa siano le tappe fondamentali di questo percorso, e quali ancora sono le prospettive da assumere?
Le tappe fondamentali del trattamento HIV sono state a mio avviso soprattutto quattro.
La prima è stata la disponibilità, intorno a metà degli anni novanta, di farmaci combinati che riducevano drasticamente la replicazione virale e consentivano un efficace, seppur lento, recupero delle difese immunitarie. Tuttavia, erano farmaci con numerosi effetti collaterali per il paziente e basati su molte pillole da assumere.
La seconda è stata la disponibilità, nella prima decade del terzo millennio, di farmaci sempre più potenti, capaci di bloccare l’azione del virus e che era possibile combinare in un’unica compressa da assumere quotidianamente, liberando il paziente da un importante carico di pillole.
La terza è stata raggiungere l’evidenza, più recentemente, che questi farmaci dovevano e potevano, essere assunti fin dal momento della diagnosi senza attendere ulteriori segni di sofferenza del sistema immune, portando a due ulteriori significativi vantaggi: limitare il diffondersi dell’infezione creando un largo esercito di pazienti con carica virale soppressa e stimolare la ricerca a produrre farmaci sempre più tollerabili e con sempre meno effetti collaterali a lungo termine.
La quarta, è la tappa che stiamo tracciando in questo periodo, durante la quale si stanno sperimentando farmaci a lento rilascio e a somministrazione periodica e farmaci immunoterapeutici che dovrebbero consentire una eradicazione del virus negli infetti oppure, come vaccini preventivi, prevenire l’infezione nei suscettibili.
Mi preme dire che, queste tappe fondamentali nella lotta contro l’HIV, ma soprattutto la velocità con cui sono state raggiunte, non ha oggi eguali in nessun altro ambito specialistico biomedico.