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Educazione sessuale e comportamenti a rischio: uno sguardo allo stato attuale

Educazione sessuale e comportamenti a rischio: uno sguardo allo stato attuale

Universalmente riconosciuto come strumento fondamentale per promuovere e sostenere il benessere sessuale e affettivo nei giovani, l’educazione sessuale rimane al centro di controversie e polemiche attinenti il suo riconoscimento istituzionale.
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L’educazione sessuale, in base a quanto affermato nelle Policies for Sexuality Education in the European Union
– report pubblicato nel 2013 dalla Direzione generale per le politiche interne del Parlamento Ue- “è obbligatoria in tutti i paesi dell’Unione, tranne che in Italia, Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania e Regno Unito”. In questi ultimi, e negli esempi più virtuosi, l’entrata in contatto di operatori formati sulle tematiche della sessualità e delle strategie comunicative
e relazionali più efficaci con i ragazzi è lasciato alla libera iniziativa delle scuole o dei servizi locali. Per rendersi conto dell’effettiva diversità culturale e politica che intercorre tra i diversi Paesi, pronti a condividere un sistema economico ma non un valido protocollo sui diritti sociali, basta fare qualche rapido accenno.
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La Svezia è stata la prima, nel 1955, a rendere obbligatorio l’insegnamento delle tematiche sessuali nelle classi. I diversi temi vengono trattati con giovani a partire dai 12 anni attraverso l’utilizzo di contenuti audiovisivi e multimediali, sempre aggiornati rispetto alle forme più utilizzate dal target. In Danimarca viene dato spazio alle testimonianze dirette, come modo privilegiato per cogliere i vissuti e per garantire il dialogo con chi ha esperienze diverse (prostitute, persone affette da malattie sessualmente trasmissibili). I cugini francesi hanno creato nel 1973 il Conseil Supérieur de l’Information Sexuelle (sostituito nel 2013 dallo Haut Conseil à l’Egalité). Obiettivo del Consiglio è quello di garantire non solo la corretta e completa formulazione di programmi per i giovani, ma anche una formazione aggiornata per i docenti. Nel 1996 il ministero dell’Istruzione introdusse la prevenzione dell’Hiv nei programmi scolastici e nel 2001 l’educazione sessuale divenne obbligatoria in tutte le scuole di ogni ordine e grado con almeno tre diversi cicli di lezioni durante l’anno. Dal 1995, poi, gli insegnanti sono obbligati a seguire un corso di aggiornamento di due ore l’anno sulle nuove politiche relative ai diritti e alla salute sessuale.
Passiamo ora ai dati sul rischio. In Europa e nel mondo le cifre per quanto riguarda le malattie sessualmente trasmissibili sono significative. Il Global report 2011 (il rapporto di UNAIDS sull’epidemia di AIDS) ha stimato, infatti, che nel 2010 siano state circa 34 milioni le persone colpite dal virus HIV e che ci siano stati oltre 1,8 milioni di decessi per patologie correlabili all’Aids e 2,7 milioni di nuove infezioni da tale virus. Sul versante europeo i dati non sembrano esser da meno: nel 2011 sono state segnalate 53.974 nuove diagnosi di infezione da HIV che, nei Paesi dell’Europa centrale, hanno riguardato il 16,8% dei giovani fra i 15 e i 24 anni.
Ad occupare un doveroso spazio di riflessione per gli operatori della salute sessuale, per quelli della sanità pubblica, dell’istruzione e per i genitori non sono solo i dati sulla trasmissione delle malattie, ma anche quelli sui comportamenti che espongono al rischio i più giovani.
Un significativo contributo è stato recentemente elaborato dalla Società Italiana di Andrologia Medica e Medicina della Sessualità (Siams) in merito alle caratteristiche di utilizzo e accesso ad internet e a siti pornografici su un campione di 28.000 utenti. I risultati, presentati presso il Festival dei Saperi Educativi, hanno evidenziato che sono circa 8 milioni gli italiani che accedono abitualmente a siti pornografici, dei quali in maggioranza uomini (73.4%). I primi accessi si registrano ad una età inferiore a 13 anni per il 3.9% del campione, e fra i 14-18 anni per il 5.8%; la percentuale sale rispettivamente al 10.6% per i giovani tra i 19-24 anni e al 22.1% per quelli tra i 25-34, fino a ridursi al 21.1% per la fascia dei 45enni e al 12% dopo i 55 anni. I dati raccolti dal progetto Eu Kids Online, finanziato dal Safer Internet Programme della Commissione Europea
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comparano, invece, le caratteristiche di accesso ad internet dei giovanissimi (età tra i 9-16 anni) in diversi paesi dell’Unione Europea, e riferiscono che: l’età media in cui si inizia a andare online è 7 anni in Danimarca e Svezia, 8 negli altri paesi nordici, e 10 anni in Grecia, Italia, Turchia, Cipro, Germania, Austria e Portogallo e che il 23% dei ragazzi europei (il 12% di quelli italiani) dichiara di aver visto contenuti a sfondo sessuale o pornografici negli ultimi 12 mesi.
Gli elementi maggiormente correlati a tali fenomeni sono quelli del cyberbullismo e della violazione della privacy, oltre che esporre i giovani agli effetti spiacevoli di “incontri” non sempre piacevoli e di informazioni che potrebbero risultare, talvolta, fucine di pregiudizi e di disagio.
Basti questo per rinnovare l’importanza di una educazione sessuale che guardi al benessere della persona, ma soprattutto delle sue relazioni ed emozioni. Basti questo per valorizzare la potente portata di questo strumento preventivo e la sua necessità di essere formalmente operativo.