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I Disordini della Differenziazione Sessuale e la questione del timing dell’intervento chirurgico-ormonale

I Disordini della Differenziazione Sessuale e la questione del timing dell’intervento chirurgico-ormonale

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I “Disordini della Differenziazione Sessuale” (DDS) costituiscono un insieme di condizioni cliniche congenite nelle quali lo sviluppo delle componenti cromosomiche, gonadiche e fenotipiche del sesso possono spesso comportare un quadro di ambiguità dei genitali già al momento della nascita o, successivamente, al momento della pubertà. Per questo motivo si manifesta spesso l’urgenza di assegnare chirurgicamente il sesso già nella primissima infanzia.
L’utilizzo per lungo tempo di termini come “intersessualità” o “ermafroditismo”, considerati dai pazienti e dalle loro famiglie come discriminatori e confusivi, ha acceso un forte dibattito sociale e scientifico, individuando la necessità di utilizzare una terminologia universale e d’immediata condivisione scientifica. Pertanto la Lawson Wilkins Pediatric Endocrine Society e la European Society for Pediatric Endocrinology, in occasione di un’importante Consensus Conference tenutasi a Chicago nel 2005, definirono un accordo interdisciplinare per la gestione medica di queste condizioni cliniche, formulando anche una nuova tassonomia. La nuova classificazione, quella attualmente in uso, riflette l’eziologia genetica dei diversi tipi di DDS e accoglie lo spettro di variazione fenotipica di queste patologie. Si distinguono, quindi:

  • I DDS da anomalie dei cromosomi sessuali (ad esempio, la Sindrome di Klinefelter o la Sindrome di Turner);
  • I DDS a cariotipo 46XY (ad esempio, la Sindrome da Completa – o Parziale – Insensibilità agli Androgeni);
  • I DDS a cariotipo 46XX (ad esempio, l’agenesia/ipoplasia mülleriana).

L’attribuzione del sesso in neonati con genitali ambigui rappresenta una delicata questione medica e psico-sociale per i medici, i chirurghi e i genitori dei piccoli pazienti. L’emergenza di attribuire nel più breve tempo possibile un sesso chiaro e definito al nascituro (spesso, in passato, era quello femminile, per via della maggior praticità dell’intervento chirurgico) è stata, nel corso dell’ultima decade, argomento di un acceso e controverso dibattito che ha visto il confronto tra medici e psicologi, impegnati in studi di follow-up volti ad indagare, soprattutto, il grado di soddisfazione percepito dai pazienti stessi rispetto al sesso loro assegnato subito dopo la nascita. Un numero sempre maggiore di esperti ritiene, infatti, che un’assegnazione del sesso, effettuata in modo arbitrario nel periodo neonatale e che appaia come scelta migliore per il paziente, sia confutata da un elevato numero di successive riassegnazioni in età adulta. A fronte delle nuove conoscenze scientifiche acquisite in materia di DDS, alcuni studi hanno inoltre approfondito non soltanto lo sviluppo fisico e l’identità sessuale, ma anche altri aspetti importanti quali, ad esempio, il benessere psicologico e sessuale, l’orientamento sessuale e, non ultimo, il vissuto legato all’esperienza di trattamento medico-chirurgico dei pazienti.
Emerge così, dalle dichiarazioni stesse dei pazienti sottoposti nella primissima infanzia a trattamenti medico-chirurgici, sia una forte eterogeneità rispetto al grado di soddisfazione/insoddisfazione per il sesso loro assegnato, sia una marcata critica nei confronti della condizione d’invisibilità, di vergogna e di mistero che spesso queste persone si son trovate a vivere, sia rispetto alla società, che ai diversi servizi sanitari. Questi ultimi sembrano aver contribuito, infatti, ad alimentare i sentimenti di incertezza, piuttosto che facilitare la comprensione della diagnosi e accogliere adeguatamente le paure e le titubanze dei pazienti e dei loro familiari rispetto alle implicazioni del trattamento medico.
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Questi risultati pongono quindi l’accento sull’importanza di sviluppare delle buone capacità empatiche tra i professionisti medici, oltre che sulla necessità di una comunicazione chiara e sincera, anche nella gestione delle informazioni diagnostiche e di trattamento da fornire al paziente o ai suoi familiari.
La tendenza medica di determinare il genere e di restringere questa scelta a due possibilità, quella maschile o quella femminile, è stata da lungo tempo messa in discussione da diversi gruppi di attivisti, composti dalle stesse persone con DDS. L’Intersex Society of North America – ISNA, uno dei maggiori gruppi di sostegno in questo settore, promuove la necessità, nei casi in cui non si manifesti un’urgenza medica o non vi siano elementi obiettivi per la scelta del sesso, di ritardare gli interventi chirurgici e di posticipare i trattamenti ormonali, al fine di consentire una partecipazione attiva del soggetto alla decisione, quando ciò sia possibile, sia in riferimento all’identità sessuale percepita, che in riferimento alla valutazione dei rischi e dei benefici che l’intervento spesso comporta. Inoltre, l’altra critica mossa da questo gruppo riguarda non soltanto il problema del timing d’intervento medico per i neonati con ambiguità dei genitali ma, appunto, anche la gestione stessa dell’intero processo di cura fornita dai servizi sanitari. É chiara quindi l’importanza di fornire e garantire un appropriato supporto psicologico ed educativo nella scelta del sesso, quale essa sia: femminile, maschile o di conservazione della condizione di ambiguità.
Un approccio integrato al trattamento dei DDS, che concili le competenze mediche a quelle psicologiche nella gestione di patologie tanto complesse, è di fondamentale importanza. È necessario, pertanto, che la gestione a breve e lungo termine del paziente con Disordini della Differenziazione Sessuale venga affidata ad un centro che disponga di un team multidisciplinare di specialisti in grado di pianificare la gestione in termini di diagnosi, assegnazione del sesso e opzioni terapeutiche.